Paola Baruffi, per raccontare ci vuole rispetto

Prosegue il viaggio nella storia del Premio Ilaria Alpi con le interviste ai vincitori. Oggi Claudia Zanella della Scuola di Giornalismo La Cattolica di Milano ha intervistato PAOLA BARUFFI che nel 2006 vince il Premio Ilaria Alpi con I FANTASMI DI SREBRENICA.

Paola Baruffi ha deciso che sarebbe diventata giornalista undici anni, guardando in televisione il muro di Berlino che veniva abbattuto. Dopo la scuola di giornalismo dell’Università Cattolica di Milano, ha lavorato per La7 e Skytg24. Attualmente è inviata per Ballarò.

Nel 2006 hai vinto il premio Ilaria Alpi con I fantasmi di Srebrenica

Mi sono recata a Srebrenica, in Bosnia, dieci anni dopo la strage che l’ha insanguinata. Nel 1995, infatti, durante la guerra, i serbi arrivarono in quella città e uccisero 8mila persone, tutti uomini. I corpi delle vittime furono buttate in fosse comuni. Dal momento che però queste furono scoperte dai satelliti, i serbi decisero di distruggerle e i resti degli uomini di Srebrenica furono ridistribuiti in modo casuale in altri luoghi. Questo rende molto complicata la ricomposizione delle salme e il tentativo di dare loro un nome. Nel mio reportage seguii il lavoro di ricerca dei resti di coloro che cercavano di restituire un’identità alle vittime. Ebbi modo così di intervistare dei sopravvissuti e i parenti di chi era stato ucciso. A volte capitava che mi venissero raccontati fatti che toccavano la loro sfera più personale e che suscitavano in loro diverse emozioni. Non ho voluto utilizzare quelle immagini, perché erano troppo intime e non mi sono sentita di utilizzarle. Nonostante abbia preso questa decisione e non abbia sfruttato video di volti rigati dalle lacrime o di frasi struggenti, ho vinto il premio. Questo mi ha insegnato che non bisogna sfruttare il dolore altrui, ma bisogna capirlo e raccontarlo con rispetto.

Ricevere questo premio ha cambiato la tua vita professionale?

Ho venduto il reportage a Sky. Formigli ha apprezzato molto il mio lavoro e mi ha assunta. Dopo aver ricevuto il premio, ho ricevuto anche altre proposte e ho trovato altri lavori, fino ad arrivare in Rai, dove attualmente lavoro.

Che valore ha avuto e continua ad avere questo Premio nella realtà giornalistica italiana?

È molto importante perché, per questo premio, conta la qualità del lavoro svolto. Per creare dei servizi di questo tipo è necessario tempo e attenzione. Il rispetto di quello che si racconta è fondamentale.

Che ricordo ha dell’episodio della morte di Ilaria Alpi?

Mi ricordo che quando è avvenuto facevo le superiori e avevo già chiaro che avrei voluto diventare giornalista. L’ omicidio della reporter mi aveva molto colpito. Ilaria è una di quelle figure che, per chi come me sognava di fare quella stessa professione, rappresentava un simbolo del giornalismo a cui ispirarsi.

Quali sono i valori dell’operato e della professionalità della Alpi che senti anche tuoi?

Per l’idea che mi sono fatta di Ilaria, credo che fosse una persona che nutriva un’enorme passione per il lavoro che stava svolgendo. Credo fermamente, come la Alpi, che questo lavoro si debba fare con l’anima se si vuole fare bene.

Vent’anni dopo la sua morte, il lavoro di Ilaria Alpi e le sue esperienze possono essere considerate ancora attuali?

Si devono considerare attuali. Questo non è un lavoro che si fa come se si fosse un impiegato. Chi vuole fare giornalismo lo fa perché ha una luce negli occhi, perché vuole arrivare alla verità e non fermarsi alla prima impressione o alla prima risposta che riceve.

Per quanto riguarda la tua vita lavorativa, di cosa ti stai occupando in questo momento?

Attualmente sono un’inviata di Ballarò. Mi occupo principalmente dei servizi di approfondimento di tema economico. In questo momento parlare di economia significa raccontare attraverso i numeri e le cifre quello che sta succedendo nella vita delle persone e le loro difficoltà.

Che progetti hai per il futuro?

Me lo sto chiedendo. Per il momento posso dire che mi piace molto quello che sto facendo adesso a Ballarò. Non so che cosa accadrà in futuro. In generale, posso dire che la nostra professione è cambiata tantissimo e che sono cambiati anche i mezzi di comunicazione. Non si può fare finta di niente, in futuro bisognerà capire che strada prendere.

Hai frequentato una scuola di giornalismo. Quali sono le cose più importanti che hai imparato e che hanno influito sul tuo modo di lavorare?

Do grande valore al fatto di aver frequentato la scuola di giornalismo, perché mi ha insegnato a riflettere sulle cose che faccio, soprattutto dal punto di vista etico e deontologico. Inoltre, durante quegli anni, mi sono resa conto che mi interessava più la televisione degli altri mezzi di comunicazione. Ho iniziato quindi a riflettere sulle immagini. Ho realizzato che hanno anche un significato etico e non solo estetico. Tutto questo nel mio lavoro è stato utile.

Hai lavorato per Sky, Rai e La7. Che cosa ti sei portata dietro da queste esperienze?

Ho lavorato sempre con persone da cui ho potuto imparare qualcosa. In particolare, Formigli è stata una figura fondamentale per me, perché ha voluto insegnarmi a fare questo lavoro bene nella quotidianità. Per quanto riguarda il presente, sicuramente Ballarò è un luogo molto positivo e, in qualche modo, rappresenta una situazione privilegiata: c’è lo spazio di ragionare sulle cose e lavorare bene.

claudia zanella

paola baruffi 2006