Eu 2013, doc finalista del Premio Ilaria Alpi 2014 agli Incontri del Mediterraneo

“Ora i CIE devono essere chiusi” a dirlo è Raffaella Cosentino, giornalista e coautrice del documentario “Eu 2013. The Last Frontier” che sarà a Riccione in occasione degli Incontri del Mediterraneo. Finalista al Premio Ilaria Alpi nella sezione “Premio Ia Doc”, film firmato a quattro mani dalla Cosentino e da Alessio Genovese verrà proiettato a Riccione Domenica 30 novembre alle 17 nella Galleria del Palacongressi.

La proiezione rientra nel programma degli Incontri del Mediterraneo (dal 26 novembre al 2 dicembre) che tratteranno il tema: Migrazioni e Migranti nel Mediterraneo.

Il film di Raffaella Cosentino e Alessio Genovese girato interamente all’interno dei Cie di Ponte Galeria, Bari e Trapani, racconta una storia fatta di esclusione, emarginazione, paura e razzismo che ha per protagonisti i migranti rinchiusi in quelli che più volte sono stati definiti dei veri e propri lager.

L’appuntamento è organizzato in collaborazione con Associazione Rumori Sinistri di Rimini impegnata da anni nella promozione dei diritti di cittadinanza e contro ogni forma di discriminazione.

ORA I CIE DEVONO ESSERE CHIUSI. INTERVISTA A RAFFAELLA COSENTINO

Come è nata l’idea di girare un documentario sui Cie?

Da quando ho iniziato a fare giornalismo mi sono sempre occupata di queste questioni e quindi è stata la tappa di un percorso naturale. E poi perché ritengo fondamentale parlare di questi luoghi che ripropongono la logica di Auschwitz dove le persone non sono rinchiuse per aver commesso un reato, ma solo perché arrivate da un paese straniero. Per esempio in Italia se un ragazzo che è nato e vissuto in qui, che non può studiare e trova lavoro ,dovesse perdere i documenti, sarebbe fermato e potrebbe finire in un Cie e di seguito espulso in un paese in cui non ha nessuno. La discrezionalità fa sì che questa sorte tocchi spesso a chi ha precedenti penali, perché uno dei problemi più grandi è la discrezionalità che ha lo Stato su chi mandare in un Cie e chi no.

Come siete riusciti a entrare all’interno di queste strutture?

Questa è una lunga storia iniziata nel 2011: allora feci causa al Ministero dell’Interno insieme al collega Stefano Liberti contro la circolare dell’allora ministro Maroni che vietava l’accesso sia alla stampa sia ai parlamentari all’interno dei Cie. Nel 2012 il Tar del Lazio ha riconosciuto il ruolo della stampa come watchdog della democrazia e ha riconosciuto l’illegittimità della circolare. Nello specifico siamo riusciti a entrare in contatto con il ministro Cancellieri che si è mostrata da subito molto disponibile, infatti è lei che ha revocato la circolare Maroni. Ora i giornalisti possono entrare nei centri ma con grande discrezionalità della prefettura perché è il prefetto che decide chi può accedere e quando. Non potevamo poi rimanere per più di un’ora al giorno all’interno di ogni centro, quindi ci siamo dovuti tornare vari giorni di seguito, senza poter parlare prima con le persone. Il documentario, infatti, non è stato preparato prima, ma è frutto del lavoro e degli anni di esperienza che abbiamo accumulato entrando nei Cie e occupandoci di queste questioni.

Qual è lo scopo del vostro lavoro?

Io e Alessio abbiamo deciso di fare questo documentario perché ci siamo resi conto che i vecchi strumenti giornalistici non erano sufficienti a raccontare questa realtà di annientamento e annullamento dell’essere umano. Volevamo far sì che l’opinione pubblica si rendesse conto che quelle persone chiuse per più di un anno in quelle gabbie erano come animali allo zoo. Volevano che fossero loro i protagonisti: farli esprimere e raccontare. Un’altra cosa che ci preme sottolineare è come molto spesso gli enti che gestiscono questi centri si fregino della dicitura di “ente umanitario”, quando invece contribuiscono solo a mantenere in vita un qualcosa che è disumano. Volevamo far conoscere questo mondo al pubblico italiano ed europeo, uscendo anche dai confini nazionali, poiché è un problema che riguarda tutti.

Cosa è cambiato rispetto ai tempi dell’uscita del documentario?

E’ di qualche giorno fa la notizia che il trattenimento nei CIE è stato drasticamente ridotto a 90 giorni. Prima era di 18 mesi. Prendiamo atto con soddisfazione che la politica e il Parlamento abbiano finalmente capito quanto fosse ingiusto e disumano il trattenimento dei migranti irregolari per un tempo così lungo. Anche perché le forze dell’ordine hanno sempre dichiarato che bastavano 60 giorni per identificare. Ora ci auguriamo che i pochi centri ancora rimasti aperti vengano piano piano svuotati e riconvertiti in strutture d’accoglienza, perché per noi restano dei lager.