Roberto Di Nunzio, un ex consulente della commissione parlamentare sulla morte della giornalista Ilaria Alpi, è stato prosciolto dall’accusa di calunnia nei contro Il generale dell’esercito Giorgio Cannarsa, che egli aveva indicato come l’ufficiale italiano che, subito dopo la morte della giornalista del Tg3, si recò nella sua camera d’albergo per prelevare furtivamente alcuni effetti personali, tra cui i taccuini con gli appunti raccolti nei giorni precedenti all’agguato. La decisione è stata presa dal giudice dell’udienza preliminare Claudio Tortora, che ha respinto la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pm Franco Ionta. La vicenda risale al settembre 2004, quando nel corso di un’audizione Di Nunzio aveva dichiarato che, dopo l’omicidio della Alpi e del cameraman Miran Horvatin, l’allora colonnello Giorgio Cannarsa si era introdotto nella stanza d’albergo occupata dai due giornalisti e aveva fatto sparire alcuni effetti personali. Cannarsa, che era stato lungamente interrogato dalla stessa commissione d’inchiesta, reagì immediatamente con una querela, che il tribunale di Roma ha ritenuto evidentemente infondata.
L’alto ufficiale, tra l’altro, fu il primo rappresentante delle istituzioni italiane a essere informato, praticamente in tempo reale, dell’agguato ai due giornalisti del Tg3, la mattina del 20 marzo ’94 a Mogadiscio. A chiamarlo, mentre la sparatoria era appena avvenuta, fu un imprenditore italiano molto attivo in Somalia, Giancarlo Marocchino. Alcuni testimoni riferirono che lo stesso Marocchino, dopo aver parlato con Cannarsa e dopo averlo avvisato che due giornalisti italiani erano stati assaliti a colpi di mitra, chiuse il telefono imprecando perchè nessuno veniva ad aiutarlo. Interrogato su questo particolare, Cannarsa si difese dicendo che al momento della telefonata lui si trovava nell’area del porto (distante poche centinaia di metri dal luogo dell’agguato) e che poté soltanto avvisare il comando militare che si era appena trasferito sulla nave Garibaldi, affinché inviasse un elicottero sul posto. Una delle piste investigative seguite dalla procura di Roma alla ricerca del movente del delitto, fu quella dell’interesse di qualcuno a nascondere le scottanti notizie scoperte dalla Alpi su un presunto traffico d’armi e annotate proprio nei taccuini che erano nella sua stanza e che non sono mai stati ritrovati.