Qualche giorno fa ha ripercorso a Milano La strada di Ilaria, leggendo dei passi dal libro omonimo di Francesco Cavalli dedicato alla Alpi a vent’anni dalla morte. In pubblico, ha preso per mano ogni uomo e ogni donna presenti in sala e li ha accompagnati idelamente sulla strada per Bosaso. Lella Costa, attrice e interprete italiana tra le più note, dice che «ci sono storie di cui, quando le conosci, devi farti carico. E la storia di Ilaria è una di queste». Lella Costa ha iniziato a «farsi carico» di questa storia nel 2001, interpretando Ilaria stessa in Occhi scritti, uno lo spettacolo teatrale che ripercorreva i tratti salienti della vicenda che vide tristemente protagonisti l’inviata del Tg3 e il suo operatore Miran Hrovatin.
Essere interprete del caso Alpi ha avuto conseguenze sulla sua vita e sula sua attività professionale?
Sicuramente più sulla mia vita di cittadina italiana: ho imparato e approfondito cose di cui forse all’epoca avevo colto soprattutto l’aspetto, come dire, emotivo.
Che ricordo ha di Ilaria e dell’episodio della sua morte? Cosa l’ha colpita di quell’episodio?
La crudeltà dell’esecuzione, lo scempio dei corpi. Ho immaginato lo strazio della famiglia nel vedere quelle immagini.
Come ha conosciuto i genitori di Ilaria e che cosa l’ha colpita di loro?
Quando li ho incontrati, la sera del debutto di Occhi scritti, mi sono resa conto della forza che continuavano ad avere e del dolore inguaribile che li segnava, e che hanno sempre custodito con grande pudore. Persone meravigliose.
Quali sono i valori dell’operato e della professionalità della Alpi che lei sente anche suoi?
Ilaria ha dimostrato un coraggio e una serietà assolutamente fuori del comune, mi sembra quasi blasfemo paragonare il suo lavoro a quello che faccio io. Cerco di essere coerente, questo sì.
Perché, a suo avviso, è ancora importante fare luce sulla vicenda di Ilaria e sostenere le attività dell’associazione e del premio? Perché è importante in Italia tenere viva la sua memoria.
Il nostro è uno strano Paese in cui spesso la memoria delle grandi tragedie è affidata agli attori, addirittura ai comici. Penso a Dario Fo e Franca Rame, a Marco Paolini, a Moni Ovadia. Forse non toccherebbe a noi, ma, visto che chi dovrebbe farlo molto spesso latita, ci mettiamo tutto il rigore e la passione di cui siamo capaci. Raccontare la storia di Ilaria vuol dire mantenere viva l’attenzione su un immane scandalo contemporaneo, lo smaltimento dei rifiuti tossici, sul quale non esistono informazioni adeguate, e insieme dimostrare che il mestiere del giornalista può ancora essere nobile e indispensabile.
Lei è famosa per il suo impegno civile nel teatro. Quanto, secondo lei, il teatro può essere utile in questo senso alla società?
Noi siamo bravi a raccontare le storie della Storia, a tradurre in racconto le notizie: l’informazione da sola non basta.
Questa intervista è stata realizzata grazie agli studenti della Scuola di giornalismo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano