Il Tabacco che uccide senza fumarlo di Francesco De Augustinis conquista la giuria della prima edizione del Premio Roberto Morrione. Ex aequo per Mani pulite 2.0 di Felicia Buonomo e Elena Boromeo e Miniere di Stato di Saul Caia e Rosario Sardella: tanta qualità al Premio nato in ricordo del grande amico e sostenitore del Premio Ilaria Alpi, Roberto Morrione, scomparso nel maggio 2011.
Una lunga e importante carriera la sua, prima al Tg1, poi fondatore e primo direttore di Rai News 24, e ancora direttore di Liberainformazione. Una vita passata a lottare per una informazione coraggiosa e pulita, innovativa, sociale. Con una particolare attenzione alla formazioni delle giovani leve giornalistiche: anche per questo il Premio Ilaria Alpi ha voluto ricordarlo.
“Non si riesce a essere solo tristi – ha dichiarato Roberto Natale, presidente della Fnsi (Federazione nazionale della stampa italiana) durante la premiazione che si è svolta al Palazzo del Turismo di Riccione – ricordando Morrione: ad un anno dalla sua scomparsa, si è comunque contenti di averlo conosciuto. Poi c’è l’impulso che le sue parole generano in tutti noi. Pensiamo al concetto di ‘servizio pubblico’, a quello che lui intendeva e che oggi non c’è più. In Rai la situazione non è certo migliorata…”. Il Premio Morrione è rivolto soprattutto ai giovani, per valorizzare i loro progetti d’inchiesta giornalistica. Per Roberto Natale un Premio “originale, utile: due parole che sarebbero sicuramente piaciute a Roberto, che si è sempre posto come un maestro per i giovani, che ha insistito sui concetti della formazione”. Morrione amava il giornalismo di inchiesta: è lui ad aver scoperto i finanziamenti che la Cia garantiva alla Loggia P2 e sempre sua è l’ultima intervista a Paolo Borsellino nella quale accennò all’esistenza dell’organizzazione Gladio. “Per Morrione – ha aggiunto Giorgio Zanchini, di Radio3 – il giornalismo d’inchiesta significava illuminare angoli bui e misurarsi con i poteri reali”.
Per Maurizio Torrealta di Rai News 24, anch’egli intervenuto all’incontro, in Italia ci sono due modi di seguire una pista giornalistica: quello del “appare ma non è” – che riguarda i segreti – e quello del “è ma non appare” – che riguarda le bugie. “Siamo pieni di segreti – ha detto – quindi ci sarebbe lavoro per tutti…”. Il problema però è che in Italia lavorare è difficilissimo: “Nei vostri programmi – è intervenuto Paul Moreira, reporter francese – c’è pochissimo spazio per le inchieste. Di conseguenza anche il loro livello qualitativo rischia di essere medio-basso”. Non sono d’accordo i giornalisti presenti sul palco che citano Report e Piazzapulita. “Lavorare a Rai News – ha ribattuto Torrealta – implica che la diretta ha la priorità su tutto e che un servizio d’inchiesta potrebbe saltarti all’ultimo minuto. Ma la tv è un mezzo di comunicazione ormai scaduto, alcuni servizi hanno ottenuto riscontri incredibili in rete, diversamente dalle emittenti in cui sono stati trasmessi…”. Non è dello stesso avviso Udo Gumpel, corrispondente italiano per Ntv, che ha definito l’informazione sul web “rumore di fondo” a causa della “scarsa qualità” di molti prodotti.
Occorrerebbe dunque tornare a investire – racconta Moreira – come ha fatto la Francia quindici anni fa. Ma oggi, il problema, resta la libertà di informazione: “Quando facemmo l’inchiesta sulla P2 – ha spiegato Ennio Remondino, storico inviato del Tg1 – mi ritrovai ad essere un giornalista di inchiesta senza più inchieste. Venni trasferito per sei mesi a fare altro. In Italia esiste solo il giornalismo di schieramento, non c’è terzietà, non si è mai oggettivi. Non c’è strumento, tv o giornale, che in cui non ci sia di mezzo la politica”.
Selvaggia Bovani