Alessandro Pampanini, finalista al Premio Alpi, racconta José Mujica

Alessandro Pampanini punta i riflettori su un uomo politico che ha cambiato il volto di un paese in trasformazione. “El Pepe” Mujica, alma uruguaya, è un fedele ritratto dell Presidente dell’Uruguay Josè Mujica: una chiacchierata informale, uno scambio di opinioni, costellato da un accurato lavoro fotografico che restituisce l’impeto rivoluzionario delle parole del presidente.

Come nasce l’idea di fare un documentario su Pepe Mujica?

L’idea nasce da un percorso che c’è stato negli anni: un lavoro giornalistico e una ricerca sul personaggio che doveva essere immortalato dal punto di vista fotografico. Inizialmente c’era stato un contatto con l’Espresso che aveva avviato una ricerca, commissionando un lavoro fotografico. Noi abbiamo pensato poi di trasformarlo in un piccolo reportage, in un piccolo documentario, visto lo spessore e l’interesse che il personaggio, il presidente Mujica, suscita.

Qual è l’obiettivo? Che cosa di specifico hai voluto offrire allo spettatore di Mujica? Cosa volevi trasmettere?

In realtà la mia intenzione era quella di non fare una vera e propria intervista, ma quella di fare un ritratto del personaggio del presidente, ma non solo, anche del suo paese e del lavoro del reporter sul posto. È per questo che si vedono le immagini del lavoro fotografico, che poi venne pubblicato sull’Espresso insieme all’intervista integrale. Fondamentalmente il reportage è un ritratto di queste tre cose con un filo conduttore portante che si concretizza nel pensiero del presidente.

Mujica infatti, per quanto possa criticare il capitalismo, non è mai stato uno di quelli che ne abbia negato l’utilità. Pensi che questo tipo di approccio sia possibile anche solo a livello territoriale in Occidente, per esempio in Italia? La classe politica sarebbe in grado di mettersi in discussione?

Questo è un discorso che in Italia può valere fino ad un certo punto, almeno per quello che vediamo. Il discorso di Mujica sul capitalismo è un discorso che bada alla sobrietà: chiaramente lui attacca e rifiuta la parola austerità, perché in Europa, come in Italia, ha portato soltanto a tagli e a perdite di posti di lavoro. La sobrietà per lui è qualcosa di differente: individuare lo spreco, tutto ciò di cui non si ha veramente bisogno nella vita e non farne più uso. Secondo il suo pensiero la felicità viene con il tempo della vita che si impiega per guadagnare. Il consumismo a tutti i costi porta a perdere il tempo di quella vita, quindi ad una condizione dell’uomo di felicità.

Pensi che la lezione di Mujica possa essere ascoltata tra vent’anni?

Avremo una risposta nell’immediato già in questo ottobre, terminato il suo mandato. Sicuramente le sue iniziative politiche, come quelle sulla marijuana , che hanno un’eco forte per tutto il mondo dove l’attenzione è catalizzata. Forse queste potranno vedere i loro frutti a più lungo termine e in quel momento potremo dire che il pensiero del Presidente Mujica sia condiviso da più persone.

Maurizio Franco