Kevin Sutcliffe, Vice News: “Il pubblico di giovani ha sete di documentari”

L’impero mediatico di Vice nasce nel 1994 sotto forma di magazine pubblicato in Canada. Da allora, complice una lunga serie di scelte editoriali azzeccate (tra cui uno dei più popolari siti web di informazione tra i giovani), la circolazione della versione cartacea è arrivata a sfiorare il milione di copie a livello globale. Vice News è il canale dedicato alla trasmissione di notizie capace di superare le decine di milioni di visualizzazioni dal suo lancio, nel dicembre 2013: su YouTube ha inoltre registrato la più alta crescita di utenti connessi al canale nella storia della sezione news del sito, grazie anche ad eccellenti reportage come The Islamic State, incentrato sull’Isis.

In occasione del dibattito L’Europa tra Obama e Putin. Il ruolo dei media nelle crisi internazionali tra i grandi nomi intervenuti sul palco era presente il responsabile della sezione europea di Vice News Kevin Sutcliffe, già redattore di Dispatches per l’emittente pubblica britannica Channel 4.

A margine della serata abbiamo avuto l’occasione di scambiare due parole direttamente con lui.

Nella sua esperienza, quali sono le principali differenze tra il giornalismo inglese e quello italiano? Uno dei punti di forza di Vice sono le redazioni diffuse a livello nazionale, tra cui una proprio in Italia.

Non conosco il giornalismo italiano così bene da poter esprimere un’opinione, anche perché la mia è una visione globale della situazione. Noi abbiamo storie da proporre con un target ben preciso, ossia una fascia d’età di ragazze e ragazzi spesso ignorata dai media tradizionali. Otto mesi fa abbiamo lanciato Vice News, e uno dei motivi del suo successo è situato nella scelta di reporter giovanissimi, intorno alla stessa età di chi guarda.

In quest’epoca è fondamentale rendere sé stessi, o il proprio lavoro, un “marchio” da rendere riconoscibile all’occhio rapido dell’utente di internet. Vice News avrebbe avuto il medesimo riscontro se fosse stata la prima esperienza editoriale del gruppo Vice?

Vice nasce come magazine per poi espandersi con il sito, ma nel caso di Vice News è stata la richiesta dei nostri lettori a portare alla nascita di questo progetto. Un processo naturale, ispirato dai commenti e dal seguito che i nostri documentari ottenevano sul sito principale. In media un portale di video come YouTube ha tempi di visualizzazione molto brevi: tre minuti soddisfano l’appetito dell’utente. Su Vice decine di migliaia di persone guardavano documentari di mezz’ora, spesso di più.

Il gonzo journalism e l’immersion journalism sono spesso citati come gli stili di riferimento per gli articoli di Vice. Crede che sia già possibile parlare di uno stile Vice?

Abbiamo un modo particolare di raccontare storie, mostrando anche come funziona la vita di un giornalista in aree spesso pericolose: qualcosa che con il giornalismo classico non sempre accadeva. Quello che conta è il contenuto e come questo viene proposto al lettore: abbiamo scelto la strada dell’empatia, puntando alla creazione di un legame emotivo con il lettore. L’internet di oggi gioca molto su questo fattore, ogni volta che viene pubblicata su Facebook una foto delle vacanze con la famiglia o condiviso un video ironico.

Un’ultima domanda: come avrebbe seguito Vice News il caso di Ilaria Alpi, se fosse accaduto nel 2014? 

Un giornalista è in pericolo, oggi come in pochi altri momenti storici. Entrare in un paese straniero in quanto professionista diventa inoltre sempre più complesso, con permessi e burocrazia opprimenti, creando così ulteriori complicazioni e rischi a persone che devono solo svolgere il proprio lavoro. Vice avrebbe seguito il caso di Ilaria Alpi con attenzione, conscio che oggi come oggi è purtroppo un evento frequente: il supporto alla famiglia in caso di morte del giornalista è ormai una prassi a cui ci si prepara in occasione di ogni servizio in un’area di guerra.

Lorenzo De Vizzi