Fotogiornalismo: la lezione di Karen Marshall

Karen Marshall, fotografa e docente universitaria di Documentary/Fotojournalism program di fama internazionale, è intervenuta al premio Ilaria Alpi per il workshop di Visual Journalism Today.

Artista versatile, in grado di destreggiarsi tra stili anche molto diversi tra loro, Karen è però pioniera di un nuovo modo di intendere il mondo e le persone: le sue foto, apparentemente prive di un filo narrativo, riescono invece a catturare istanti della vita quotidiana degli uomini e delle donne che la circondano. Una ragazza che fuma una sigaretta, un signore che legge a fatica un giornale, una coppia che cammina distrattamente mano nella mano. Attimi che a ognuno di noi sembrano scontati e banali, ma che nelle opere di Karen diventano vivi e immortali, permettendo di catturare per sempre quei momenti che, altrimenti, si perderebbero nelle strade della quotidianità.

Quando inizia un nuovo corso, gli studenti sono già in grado di percepire la differenza tra una foto scattata con uno smarthphone e il lavoro di un professionista?  O si potrebbe dire che la tecnologia abbia danneggiato il nostro senso critico?

Oggigiorno dispositivi come smartphone e Ipad permettono di scattare foto con qualità notevole. Per quanto non richiedano conoscenze tecniche, a differenza degli strumenti usati dai professionisti, hanno abituato i nostri occhi a una qualità più che soddisfacente per il grande pubblico. La differenza con una Canon è però indiscutibile, e persino un occhio inesperto la nota.

È difficile far comprendere l’importanza del lavoro di squadra?

Lo spirito di squadra parte dal singolo, dalle sue predisposizioni, non è qualcosa che si possa insegnare facilmente. Quello che posso fare in quanto docente è stimolare i giovani studenti, e cercare di portare in superficie qualcosa che ha già dentro di sé. Inoltre, collaborando si impara, e scambiandosi consigli e informazioni riusciamo a far sì che il processo di crescita includi e riguardi tutti.

Alcuni dei suoi scatti potrebbero essere definiti “foto che non sembrano foto”: immagini ravvicinate di persone che stanno camminando o colte di spalle, con uno stile molto vicino alla foto amatoriale. Eppure in grado di cogliere lo stato d’animo di un momento, anche solo il fastidio nel farsi spazio tra la folla. Qualcosa che ha ideato con gli anni o che ha in mente da sempre?

È qualcosa che si è affinato col tempo, partendo da una mia inclinazione. Si tratta di qualcosa di valido in ogni disciplina, come il nuoto: se te la cavi nello stile libero lo scoprirai nuotando e, perseverando, riuscirai a esprimerti nel migliore dei modi. La fotografia è per definizione l’abilità di saper cogliere un singolo attimo, con tutto ciò che è capace di contenere. Alla foto spetta il compito di trasmettere sentimenti e impressioni: ed essa, anche solo all’apparenza amatoriale, è in grado di farlo senza problemi.

Ogni forma d’arte, come un libro o un film, possiede un linguaggio proprio, tramite il quale trasforma la realtà in un prodotto unico. La fotografia può dirsi la più vicina a ciò che proviamo?

Domanda complessa, di cui potremmo discuterne per giornate intere. Posso dire che ognuno ha la sua storia, il suo punto di vista, e questo influenzerà il modo in cui produrrà qualcosa: ciascuno di noi, infatti, padroneggia un linguaggio personale, capace di riflettersi nelle sue opere.

Lorenzo De Vizzi e Natascia Grbic