Ukraina Revolution, la mostra di Andy Rocchelli, inaugurata a San Marino

Raccontare storie, le storie di persone, di vittime, di teatri di guerra attraverso le immagini. Questo era l’obiettivo di Andrea (Andy) Rocchelli, fotoreporter trentenne ucciso il 24 maggio 2014 da un colpo di mortaio vicino a Sloviansk, in Ucraina. Questa mattina, al centro Congressi Kursaal di San Marino si è tenuta una conferenza per la presentazione della mostra Ukraina Revolution, una suggestiva selezione delle ultime immagini scattate appunto da Andy.  La Repubblica di San Marino si è espressa vicina ai genitori di Andrea Rocchelli, come a tutti quei genitori che hanno perso i figli in circostanze simili. La ricerca della verità,  la voglia di raccontare quello che accade fuori dall’Italia, spinge questi giovani ad intraprendere questi viaggi senza avere la certezza di tornare a casa.  I rischi legati a questa professione, quella del fotogiornalista, soprattutto se freelance, è stato uno degli argomenti condivisi anche da  Stefano Belardini, giornalista e telecineoperatore del TG1, e di Giancarlo Dotto, giornalista dalla penna arguta e mai scontata. “La crisi dell’editoria – hanno confermato Gabriele Micalizzi e Alessandro Sala, di Cesuralab, il gruppo fondato anche da Rocchelli nel 2008 – ha fatto sì che i giornali non inviassero più fotogiornalisti in teatri di guerra, sobbarcandosi i costi di assicurazione. Ora si comprano solo servizi da reporter che sono direttamente sul posto. Noi, quindi, partiamo a nostre spese, siamo come freelance, o meglio, il più delle volte abbiamo già un possibile acquirente del servizio, ma l’organizzazione ed i costi  – alloggio, assicurazione, viaggio – sono tutti a carico nostro. Andy aveva pensato anche a questo, aveva pensato anche ai cosiddetti ‘rischi calcolato’ come facciamo sempre. Quel giorno, però, qualcosa non ha funzionato”. Perché quindi un collegamento tra Ilaria Alpi e Andrea Rocchelli? “Il legame di congiunzione – Mariangela Gritta Grainer, presidente dell’associazione – è la ricerca della verità, la voglia di raccontare le storie.  Per scrivere un buon pezzo occorre conoscere la realtà di cui si sta parlando. Si deve andare a vedere i luoghi, i colori, saperli distinguere, odorare i profumi, udire le voci. Perché in ogni posto in cui si va, non è detto che questi siano come li abbiamo sempre pensati, visti. Quest’anno per noi è un anno importante, dato che è iniziato il processo di desecretazione. Aspettiamo con ansia l’incontro di domani con la Presidente della Camera, Laura Boldrini». Alla conferenza, come al taglio del nastro della mostra allestita a Palazzo Graziani, c’erano anche i genitori di Andy. “Aveva una grande capacità di entrare in sintonia, di diventare amico con le persone – dicono mamma e papà Rocchelli – solo così si spiegano questi scatti così intimi, che ritraggono la vita quotidiana delle famiglie costrette a vivere dentro bunker. Fotografava dall’interno delle case, era sempre molto vicino all’immagine che stava per ritrarre. Non fotografava mai quelle che chiamiamo ‘foto di news’, perché ce n’erano già fin troppe. A lui interessava l’aspetto sociale. Poi quella foto, all’ingresso. Quella è una delle poche, forse l’unica, in cui compare anche Andy. Non so perché lì sia così serio. Lui sorrideva sempre”.

photoSelvaggia Bovani

Foto di Maria Panariello