Tiziana Prezzo, da Haiti per denunciare la povertà

C’è tempo fino al 31 maggio per partecipare al Premio Giornalistico Televisivo Ilaria Alpi, in programma a Riccione dal 4 al 7 settembre (il bando è reperibile al sito www.premioilariaalpi.it).

In attesa di conoscere i finalisti, ripercorriamo la storia del premio che quest’anno taglia il traguardo della ventesima edizione con le interviste ai vincitori.  Oggi intervistiamo Tiziana Prezzo vincitrice nel 2010.

Nel gennaio 2010, tra i tanti giornalisti che si trovavano a Port-au-Prince per raccontare i giorni che seguivano il terremoto di Haiti, c’era anche Tiziana Prezzo. Quell’anno la videogiornalista, che nel corso della sua carriera è stata in Afghanistan, Libia e Iraq per SkyTg24, vinceva il Premio Ilaria Alpi testimoniando le violenze e i saccheggi nel centro della capitale haitiana. (qui il video vincitore) 

Che storia c’è dietro il lavoro con cui ha vinto il Premio Alpi?

Mi trovavo a Port-au-Prince per il terremoto di Haiti, ormai ero lì da due settimane e mezzo; diciamo che si andava verso la fine di quell’esperienza. Quel giorno dovevo spedire un servizio sulla riapertura delle scuole, annunciata dal governo. Con il cameraman stavamo documentando lo stato di sicurezza degli edifici quando ho ricevuto indicazioni da un amico fotografo su alcuni disordini in centro città. Siamo arrivati sul posto un attimo prima di sentire degli spari: c’era un uomo di carnagione chiara che sparava ad altezza d’uomo sulla via principale. La situazione era molto caotica, con gente che portava via qualsiasi e in tutto questo delirio sono arrivati anche i marines per allontanare la folla. Il cameraman, un collega bravissimo, è riuscito subito a individuare l’uomo che sparava verso la folla e abbiamo documentato tutto facendo uno stand up sul posto.

 Secondo lei che valore ha questo Premio nella realtà giornalistica italiana?

È un premio bello per quello che ci ruota attorno: è un evento molto ricco, pieno di incontri. Stimo molto le persone che ci sono dietro, sia gli organizzatori sia le persone che compongono la giuria. Un po’ come in tutti i premi in cui i vincitori vengono stabiliti sulla base dei loro lavori e non, come in alcuni casi, attribuendo i riconoscimenti alle personalità. È una realtà molto seria.

 Che ricordo ha dell’episodio della morte di Ilaria Alpi?

In realtà non ho un particolare ricordo di quella vicenda, devo essere sincera. Ero molto giovane e non mi ero ancora avvicinata al mondo del giornalismo. Ricordo che mi aveva colpito molto di più la vicenda della morte di Maria Grazia Cutuli perché ero agli inizi della mia carriera. Alla figura di Ilaria mi sono avvicinata a posteriori.

Quali sono i valori dell’operato e della professionalità di Ilaria Alpi che sente anche suoi? In che modo Ilaria ha influenzato la sua professione?

Sicuramente ci sono elementi che sento di avere in comune con Ilaria Alpi, ma come con anche molti altri giornalisti viventi: sono la passione, la curiosità, la volontà di scoprire posti lontani. Soprattutto una particolare idea di esteri e di giornalismo.

Quale «idea di estero»?

Ci sono diversi modi di occuparsi di esteri, e soprattutto ci sono diverse realtà in cui occuparsi di esteri. È un giornalismo con una valenza sociale importante perché hai a che fare con gente che ha subito e subisce soprusi, con la povertà, con la corruzione. Non accettare un’offerta di corrispondente estero da New York ma andare anche in altre parti del mondo è una scelta precisa.

 Francesco Zaffarano

Questa intervista è stata realizzata grazie agli studenti della Scuola di giornalismo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.