Il manifesto di oggi dedica un articolo sulle novita’ del caso
È un piccolo pezzo di carta il perno attorno al quale gira un nuovo giallo sui mandanti dell’esecuzione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia.
Ha l’apparenza di un banale lancio dell’agenzia Ansa, con la – probabile – data del 20 marzo, quando un comando armato uccise la giornalista del Tg3 con il suo operatore. «Ricordo bene quel foglio – racconta il maresciallo dei carabinieri Domenico Scimone, dopo la sua deposizione davanti alla commissione ecomafie – era la seconda copia carbone della strisciata di una telescrivente. E ricordo senza alcun dubbio quando il capitano Natale De Grazia me lo mostrò, pochi mesi prima di morire». Un lancio di agenzia che, secondo il racconto di Scimone, gli investigatori trovarono tra le carte di Giorgio Comerio, un imprenditore sospettato negli anni ’90 di essere al centro di un vero e proprio network di trafficanti di rifiuti. Un lancio di agenzia che potrebbe legare i progetti di smaltimento di rifiuti radioattivi della società di Comerio – la Odm – con la morte di Ilaria Alpi.
Per capire il peso di questa deposizione dobbiamo tornare al 2005, quando la commissione sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin – guidata dall’avvocato Taormina – chiamò a deporre Francesco Neri, il magistrato di Reggio Calabria che dal 1994 al 1996 guidò l’inchiesta su Giorgio Comerio e sulle navi a perdere. Neri parlò di un altro documento che sarebbe stato trovato tra le carte dell’imprenditore di Busto Arsizio, un certificato di morte della giornalista. «Me lo mostrò il capitano De Grazia», conferma anche oggi Neri. Quando però i consulenti di Taormina andarono a Reggio Calabria per cercare quel certificato non trovarono nulla. Poco dopo fu accertato che alcuni fascicoli dell’inchiesta erano spariti e lo stesso Francesco Neri presentò una denuncia.
Giorgio Comerio era finito sotto inchiesta dopo il sequestro di una borsa carica di progetti su alcuni sistemi per lo smaltimento nei fondali marini delle scorie nucleari a Elio Ripamonti, un procacciatore d’affari legato all’imprenditore di Busto Arsizio. Venne alla luce il progetto di una delle società di Comerio, la Odm, che riprendeva una programma di ricerca del centro europeo di Ispra fermato nel 1988. In sostanza si trattava della realizzazione di «penetratori» che – dopo essere stati caricati di rifiuti tossici o radioattivi – venivano lanciati in mare, sprofondando nei fondali. La questione fondamentale era, però, dove. Giorgio Comerio in quei mesi – siamo tra il 1994 e il 1995 – stava sondando la disponibilità di diversi stati, soprattutto africani, tra i quali la Somalia. E in quella cartella giallina sequestrata in una perquisizione chiesta dalla procura di Reggio Calabria il 12 maggio 1995 vi erano le prove sui contatti stretti intrattenuti tra la società di Comerio e alcune autorità somale per avere le autorizzazioni al lancio dei penetratori carichi di scorie radioattive.
La presenza del lancio dell’agenzia Ansa sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin tra quelle carte, qualora fosse confermata, rilancerebbe la pista dei possibili rapporti tra il gruppo di Comerio e quell’incrocio mortale tra armi e rifiuti sul quale stava lavorando Ilaria Alpi. «Ricordo che si trattava di una notizia flash – spiega nel dettaglio Domenico Scimone – di pochissime righe, due o tre, che parlava chiaramente della morte della giornalista italiana». Un tipo di lancio di agenzia che corrisponde ai primi scarni dispacci che arrivarono nelle redazioni italiane poco dopo la morte di Ilaria Alpi.
La compagna e socia di Giorgio Comerio, Giuliana Giunta, che oggi si trova in Tunisia, ha raccontato di non ricordare la presenza di quel foglio. «Non avevamo telescriventi nella casa di Garlasco (Pavia) quando venne eseguita la perquisizione – racconta al manifesto – ma solo un fax». Giuliana Giunta fornisce poi la sua versione anche sul certificato di morte di Ilaria Alpi, che Neri sostiene di aver visto tra le carte di Comerio: «Si trattava in realtà del certificato di morte di mia madre, deceduta nel febbraio del 1996». Ovvero diversi mesi dopo la perquisizione ordinata dalla procura di Reggio Calabria, che iniziò nel pomeriggio del 12 maggio 1995: «Non so cosa dire – risponde la compagna di Giorgio Comerio – io ricordo che vennero fatte più perquisizioni». Per l’imprenditrice italiana che oggi si occupa di costruzioni di aerei ed elicotteri in Tunisia, il progetto dei penetratori e il rapporto con la Somalia era un business come gli altri: «Nessun mistero, abbiamo fatto sempre tutto alla luce del sole – racconta – e fui io personalmente a contattare l’Onu per sapere se in Somalia c’era un governo legittimo. Quando mi dissero che c’erano due presidenti e nessuno dei due era riconosciuto lasciammo perdere tutto». Nell’inchiesta, però, emergeva che il progetto era in stato avanzato, tanto che in un fax firmato da Comerio e diretto a Giampiero Pagliericcio – referente somalo per il progetto penetratori – si specificava che «il documento (ovvero l’autorizzazione al lancio, ndr) dovrà essere firmato da sua eccellenza il presidente ad Interim Alì Mahdi».
«La commissione ora riaprirà l’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi – ha affermato ieri il presidente della commissione bicamerale sui rifiuti Gaetano Pecorella, subito dopo l’audizione del maresciallo Domenico Scimone – perché il rinvenimento di questo documento e la sua collocazione richiedono un ulteriore e penetrante approfondimento». Occorre ripartire, a questo punto, da dove si era fermata la commissione Taormina, da quei rapporti mai spiegati fino in fondo tra quel network internazionale che girava attorno a Giorgio Comerio e l’inchiesta di Ilaria Alpi mai andata in onda.
Non escludendo nessuna pista.
ANDREA PALLADINO
DA IL MANIFESTO DEL 20 GENNAIO 2011