Benedetta Tobagi, dopo avere lavorato a lungo nel settore della produzione audiovisiva, si è imposta come una delle più seguite e apprezzate giornaliste degli ultimi anni, nonché una delle più premiate scrittrici. Il suo esordio letterario con Come mi batte forte il tuo cuore (Einaudi, 2009), dove racconta la figura del padre Walter assassinato dalla Brigata XXVIII marzo nel 1980, le è valso numerosi premi, tra cui il Premio Sciascia, il Capalbio e l’Estense. Al Premio Alpi porterà la sua esperienza nel confronto con le fonti e la ricostruzione storica, alla base anche della sua seconda opera Una stella incoronata di buio (Einaudi, 2013), incentrata sulla strage di Piazza della Loggia. Dal 2012 è nel consiglio di amministrazione della Rai.
L’incontro Da Wikileaks a fonti repubblicane. lavorare con i dati, i numeri e i documenti storici (previsto per venerdì alle 17:30 a Villa Mussolini), dove sarai in compagnia di Ilaria Moroni, Andrea Palladino, Guido Romeo e Angelo Miotto, promette di essere uno dei più interessanti di questo ventesimo Premio Alpi. Come prevedi che si possa affrontare un tema così complesso – e forse percepito da alcuni come “tecnico” o “settoriale” – in modo che anche un pubblico di profani possa seguirlo con passione e interesse?
È un tema solo apparentemente settoriale: le rivelazioni di Wikileaks hanno riempito per settimane quotidiani e telegiornali, mentre dietro la sobria formulazione “fonti repubblicane” si celano i documenti relativi ad eventi che fanno parte, purtroppo, dell’immaginario di ogni italiano: le grandi stragi, da piazza Fontana alla strage di Bologna, il caso Moro, i delitti eccellenti di mafia. Eventi tragici di cui tutti hanno sentito parlare, anche se magari non ne conoscono i responsabili, o il contesto storico… cercheremo di comunicare come i documenti e i dati che essi contengono, opportunamente verificati e utilizzati, siano alla base delle inchieste giornalistiche così come della ricerca storica e di ogni seria attività di divulgazione. Abbiano a che fare, dunque, con la costruzione della conoscenza che può rendere i cittadini davvero partecipi della vita e della storia del proprio paese.
Nella tua carriera hai affrontato il tema della ricerca e del confronto con le fonti in due opere eccelse: lo straordinario Come mi batte forte il tuo cuore, dove una ricerca più personale si affianca a quella sulle carte, alla monumentale ricerca alla base di Una stella incoronata di buio. Che suggerimento forniresti a chi volesse impegnarsi in un’opera di ricerca storia, nell’approccio con le fonti?
E’ essenziale approcciare le fonti primarie, che siano documenti governativi o atti processuali, dopo essersi preparati, studiando le opere già scritte sull’argomento, se ce ne sono o comunque prepararsi sul periodo, l’evento o i personaggi d’interesse. Solo quando il terreno è stato ben preparato, adeguatamente dissodato e per così dire “concimato”, siamo in grado di capire davvero quel che i documenti hanno da dirci: possiamo rilevare omissioni, discrepanze o novità rispetto ai fatti noti. E poi ricordarsi che serve tanto tempo, e altrettanta pazienza.
Ancora una volta e ancora di più vista la cifra tonda e le novità sulle desecretazioni, questo Premio Ilaria Alpi ha la funzione di pungolo per la memoria collettiva. E il confronto con le fonti e i documenti storici è cruciale nel contrastare la rimozione (forzata o naturale) della memoria in un paese smemorato come il nostro. Lanciando un appello alle istituzioni, di cosa ha bisogno l’Italia per riappropriarsi della memoria negata?
A proposito di pungoli: mi piacerebbe molto che, con l’occasione del Premio Alpi, il governo Renzi si decidesse finalmente di dare sostanza agli annunci dello scorso aprile. Si è molto pubblicizzato il decreto che ordinava la desecretazione e il versamento anticipato all’Archivio di Stato dei documenti relativi alle stragi di matrice terroristica, ma dopo gli annunci, nulla di fatto. A che punto siamo? Non mi risulta, inoltre, che siano stati diffusi gli inventari dei documenti da desecretare presenti presso i vari enti produttori (ministeri, servizi etc) che il governo Monti aveva promesso di produrre addirittura entro il 29 febbraio 2012. E poi, l’archivio della Camera deve far conoscere l’esito dell’inventariazione avviata sulle carte della Commissione Sindona, e impegnarsi, assieme all’archivio del Senato, per riordinare e rendere pienamente consultabili, e con strumenti efficaci, le carte accumulate nei decenni dalle commissioni antimafia. E i documenti della commissione Stragi: a un convegno sugli archivi tenutosi a Firenze lo scorso maggio, un ricercatore d’eccezione come l’ex magistrato Giuliano Turone (che, insieme a Gherardo Colombo, nel 1981 scoprì la P2) ha raccontato le peripezie kafkiane in cui s’è trovato impegolato tentando di accedervi, per consultare, pensate un po’, un documento di cui era stato lui stesso l’autore, quand’era ancora magistrato…