FIRMA LA PETIZIONE #NoiNonArchiviamo
Il 12 giugno 2018 Luciana Alpi muore senza avere giustizia: raggiunge Giorgio che ci ha lasciato una domenica assolata del luglio 2010.
Pochi giorni prima della sua morte Luciana aveva dichiarato al Tg3:”…Giorgio è morto alcuni anni fa, aspetteranno che muoia anch’io …così potranno mettere una pietra tombale sul caso. Mai più giustizia…”: un vero e proprio grido di dolore che facciamo nostro.
Sarà tutto più difficile senza Giorgio e Luciana ma continueremo con intensità e passione la loro battaglia: non li lasceremo soli, mai.
Il 26 giugno 2018 il gip dottor Andrea Fanelli respinge la seconda richiesta di archiviazione dell’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin avanzata dalla Procura della Repubblica di Roma.
Una decisione, quella del gip, doverosa e che esprime “saggezza”, abbiamo scritto: non si può chiudere l’inchiesta su un duplice assassinio così efferato.
Ma abbiamo sbagliato: il 4 febbraio 2019 la Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione per la terza volta!
Ma perché?
Che cosa mai deve succedere ancora dopo la sentenza del Tribunale di Perugia (gennaio 2017) a conclusione della revisione del processo nei confronti di Hashi Omar Assan (condannato in via definitiva a 26 anni di carcere)?
In tale sentenza è scritto a chiare lettere che un cittadino è stato in carcere per 17 anni ed era innocente. Che c’è stato depistaggio che potrebbe aver accompagnato l’inchiesta fin dall’inizio e forse essere ancora in atto.
Perché? Lo chiediamo alla Procura di Roma verso la quale siamo sempre stati rispettosi e abbiamo offerto i lavori e le informazioni che via via trovavamo nella nostra ricerca.
Forse è necessario che non sia più la Procura di Roma a occuparsi di questa tragedia, dopo venticinque anni.
Quando abbiamo letto le motivazioni con le quali il dottor Fanelli ha respinto la seconda richiesta di archiviazione siamo stati assaliti da un dubbio: il gip condivideva quasi tutte le motivazioni che accompagnavano la richiesta della Procura di Roma e respingeva tutte le motivazioni dell’opposizione alla richiesta di archiviazione, anche quelle riferite ai depistaggi.
Per questo il gip chiedeva solamente:
di chiarire il “dettaglio” di una documentazione che da Firenze ci mette sei anni ad arrivare a Roma (2012 – 2018)
di svelare la identità della fonte del Sisde che sigla una informativa del 3/9/1997
di accertare se il 20 marzo 1994, “il più crudele dei giorni”, “…fossero rimasti nella capitale somala militari italiani (appartenenti o meno al contingente italiano impiegato nell’operazione UNOSUM II delle Nazioni Unite) …” (pag.15 motivazioni Gip).
Non crediamo ci sia bisogno di commentare.
Forse queste motivazioni erano state costruite per archiviare già quindici giorni prima ma … Luciana improvvisamente muore.
E la nuova richiesta di archiviazione ovviamente risponde a quei quesiti e non approfondisce nessuno degli innumerevoli interrogativi rimasti senza risposta.
Davvero avevamo ancora bisogno di verificare che il 20 marzo 1994 a Mogadiscio c’erano militari italiani del contingente italiano e/o della missione Unosom2? E per rispondere prendere per buona la relazione di maggioranza della commissione d’inchiesta presieduta da Taormina?
Ci sono centinaia di dichiarazioni di generali ufficiali e militari semplici, agenti dell’intelligence oltre a documenti dell’esercito italiano (compresi tutti i registri di bordo di navi ed elicotteri) dell’Onu e i rapporti dell’Unosom 1 e 2 che raccontano anche nei dettagli la missione italiana “restore hope” (oltre quella internazionale) in quei giorni.
Si sa, per fare solo un esempio che una pattuglia di militari italiani, in forza all’intelligence dell’Unosom (al comando Fulvio Vezzalini), il 20 marzo 1994 era nella ex ambasciata italiana nelle immediate vicinanze del luogo dell’agguato dove nessuno vi si reca.
Davvero c’era bisogno di sapere perché una busta ci mette sei anni ad arrivare da Firenze a Roma? Si tratta di un documento che arriva nel 2012 (18 anni dopo!)
Davvero c’era bisogno di sapere che Duale, avvocato di Hashi Omar Assan ha ricevuto dalla Somalia del danaro per la difesa di Hashi?
Davvero è decisiva l’identità della fonte del Sisde citata (si tratta di una informativa importante per l’inchiesta. Esiste in tutta la documentazione raccolta fin dal primo processo; i contenuti sono confermati da altre fonti, informative e testimonianze).
Alla fine leggendo richieste di archiviazione motivazioni per respingerle
si potrebbe concludere che l’unico vero depistatore è stato Ahmed Ali Rage detto Jelle il teste d’accusa di Hashi Omar Assan: il colmo davvero.
Invece dovremmo sapere:
perchè non testimonierà in nessun processo e le uniche sue due testimonianze non sono state registrate
perché… sparisce (!) mentre è sotto protezione della polizia.
perchè non verrà mai cercato nemmeno quando ritratterà le sue accuse (2003 subito dopo la condanna definitiva di Hashi, la prima volta: diventerà “la notizia” per lo speciale del TG3 per il decennale 20 marzo 2004; 2010 la seconda: sarà l’avvocato Duale ad annunciarlo durante le giornate del premio Ilaria Alpi). Sarà una giornalista a “obbligare” la Procura a fare una rogatoria!
Abbiamo guardato sempre con trepidazione e speranza: che si continuasse a indagare sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Oggi siamo indignati e ci ribelliamo perché sentiamo che è offesa ancora una volta la dignità di Ilaria e Miran, delle loro famiglie, delle tante persone che si sono impegnate in questi 25 anni.
Siamo indignati perché è offesa la giustizia che “ ..è (dovrebbe essere ndr) amministrata in nome del popolo” (art.101 della Costituzione della Repubblica).
Racconteremo per il 20 marzo prossimo la storia tragica di un duplice assassinio a partire dal contesto in cui avviene e mettendo in fila via via le “coincidenze” le verità che abbiamo trovato.
Vi invitiamo a firmare in tanti la petizione
#NoiNonArchiviamo
Mariangela Gritta Grainer
Già presidente dell’associazione Ilaria Alpi
Valdagno 19 febbraio 2019