Today.it intervista Mariangela Gritta Grainer: “Mancano i mandanti”

Il 20 marzo 1994 Ilaria Alpi e Miran Hrovatin furono uccisi in Somalia. A chiedere verità e giustizia su questo grande mistero italiano sono stati in molti in questi vent’anni. Ma adesso, dopo che alcuni documenti che riguardano il caso sono stati resi pubblici, emergono particolari sempre più inquietanti.

Un articolo de “La Stampa” rivela come uno di questi, scritto da uno 007 con nome in codice “Alfredo”, fosse sbianchettato e pieno di cancellature. Mancano ancora molte carte da consultare e c’è chi lo sta facendo, giorno dopo giorno. Una di queste è Mariangela Gritta Grainer, ex parlamentare che aveva partecipato ai lavori della Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso. Oggi è la portavoce dell’associazione che porta il nome della giornalista uccisa nel 1994. Da sempre il suo impegno è stato per la verità.

Si occupa di questo caso da molto. Certe notizie sui depistaggi la stupiscono?

“Stupirmi proprio no. Uno dei documenti era già apparso durante il primo processo nel 1998. Sempre nel testo di “Alfredo” erano state cancellate le parti in cui si diceva che Ilaria Alpi era stata minacciata. Per ora stiamo analizzando ancora le informative ma sono sicura che ne troveremo altre. E’ ormai evidente che c’è stato un lavoro di occultamento e depistaggio. Ora si tratta di capire chi lo ha fatto e chi ha dato l’ordine di farlo”

E’ pessimista rispetto a quello che si potrà scoprire dopo vent’anni?

“No, né pessimista, né ottimista. Conto sulla caparbietà di Luciana e Giorgio Alpi, che ci ha lasciato quattro anni fa. Ma anche di quanti insieme a loro hanno sempre cercato di scoprire la verità. Ho fatto parte della prima commissione d’inchiesta su questo caso e so che c’è chi ha lavorato con energia. Da queste prime carte è emersa la conferma di quanto abbiamo sostenuto. Sappiamo quello che è successo quel giorno, prima e dopo. Abbiamo visto che c’era anche la scansione del suo ultimo viaggio con le date sbagliate: all’inizio la ricostruzione dava Ilaria a Bosaso il 16 marzo con ritorno a Mogadiscio il 18 (con “perdita” aereo e quindi bloccata fino al 20). In realtà le cose sono andate così: l’11 marzo 1994 Ilaria, da poco rientrata dalla ex-Yugoslavia dove ha lavorato con Miran Hrovatin, parte da Pisa per la Somalia. Si sa che il 12 mattina arriva a Mogadiscio e che il 14 marzo 1994 sera Ilaria e Miran sono già a Bosaso. Vi restano anche il 15 fino al pomeriggio. Intervisteranno il capitano del porto e il sultano di Bosaso Ali Mussa Bogor. Poi raggiungeranno Gardo, a metà della famigerata strada Garoe-Bosaso dove hanno programmato di rientrare. per partire nella tarda mattinata del 16 marzo per Mogadiscio. Sappiamo poi che è stata un’esecuzione, legata al lavoro che Ilaria stava facendo e praticamente sono quasi noti i nomi degli esecutori. C’è una rosa di nomi, mancano i mandanti. Infine alcune informative di questi giorni da subito segnalano che la pista principale era ed è quella di esecuzione ben organizzata. Viene da chiedersi perché questa pista è stata accantonata in questi anni, mentre si sono preferite quelle del tentativo di rapina o della casualità degli eventi”

Crede comunque che la possibilità di accesso a questi documenti sia stata positiva?

“Sicuramente è un fatto importante: finché la presidente della Camera Laura Boldrini e l’onorevole Marco Minniti non si sono impegnati per la desecretazione, tutte queste carte che stiamo leggendo erano coperte da segreto di Stato. Anche la legge del 2007 ha cambiato molte cose: dire che sulle stragi non si possa porre il segreto ma anzi che cercare la verità non ostacoli la sicurezza ed esalti i valori della Repubblica è molto importante. Adesso si è aperta una porta sulla verità, noi vogliamo spalancare porte e finestre”

C’è speranza di arrivare alla verità?

“Dipende: se la speranza significa impegno allora sì. Se adesso ci sarà anche un impegno delle istituzioni volto a risolvere questo problema, ancora di più”

Le istituzioni devono quindi fare ancora un passo?

“Uno lo hanno già fatto: desecretare i documenti ha esteso la trasparenza e fa circolare le informazioni. Da qui sembra essersi creato un circolo virtuoso: prima eravamo arrivati a un punto in cui c’era chi si impegnava e chi, invece, occultava. Poi le istituzioni hanno fatto un passo concreto. Naturalmente la verità spetta ‘all’istutizione Giustizia’. Ci auguriamo che anche loro assumano questo impegno. Alla ventesima edizione del premio “Ilaria Alpi” abbiamo sentito dalla viva voce di Boldrini e Minniti l’impegno che questa desecretazione sia completa e entro giugno anche per altre stragi. Insomma un impegno per un 2015 senza più segreti. Quello che è sicuro è che il nostro sarà un impegno militante: vigileremo e se non sarà così ci faremo sentire”

Selene Ciluffo