Clementi e Carpi, vincitori del premio per miglior servizio per TG: “Gheddafi Privato, immagini di un dittatore”

Gheddafi immortalato nei suoi momenti più privati, immagini inedite di un dittatore che assume il volto di uomo. Marco Clementi e Paolo Carpi scovano questi fotogrammi grazie al contatto con Mohammed Gleuan, cameramen privato di Gheddafi, che hanno intervistato nel servizio Gheddafi privato, in onda al Tg1. A loro il Premio Ilaria Alpi per il miglior servizio da tg.

 

Marco Clementi, per quanto tempo Mohammed Gleuan aveva accompagnato Gheddafi?

“È stato il suo cameramen per circa 10 anni. Appena è stato assunto, pensava di aver vinto alla lotteria, poi ha capito di essere entrato in un inferno. Il suo lavoro era quello di raccontare il Gheddafi leader, e costruire il culto della personalità del dittatore. Si è scontrato quindi con la megalomania di quest’uomo, dovendo affrontare molti ostacoli: una volta è stato addirittura incarcerato per aver sbagliato l’inquadratura. Nel 2011, con lo scoppio delle rivolte, ha deciso di passare dalla parte dei ribelli: negli scontri, ha perso un figlio di 23 anni”.

 

In che città l’ha incontrato?

“Ci siamo visti a Misurata, luogo simbolo della guerra libica perché cuscinetto a metà tra Tripoli e Bengasi. Questa città ha resistito più duramente delle altre all’assedio dei ribelli, ma alla fine proprio qui è stato esposto il corpo senza vita del dittatore, disteso come una merce al mercato della carne”.

 

Come è riuscito a contattare quest’uomo che era stato così vicino al regime?

“Avevo già diversi contatti in Libia, c’erano molte persone a cui ero legato. Una di queste mi ha avvertito di aver trovato questa persona. Così sono partito, e per una decina di giorni ho cercato di convincerlo a farsi intervistare: la situazione lì è ancora molto tesa, e raccontare non è affatto semplice. Alla fine però si è deciso, e ci ha anche donato immagini esclusive del dittatore”.

 

Questa è la sua seconda vittoria del Premio Ilaria Alpi: cosa significa per lei?

“Per me è un piacere grandissimo, innanzitutto perché questo Premio è dedicato ai colleghi caduti sul campo, ma anche perché è diventato un modo per ricordare l’importanza del mestiere di giornalista, e la necessità di svolgerlo con onestà e devozione”.

(Alice Facchini)

(videointervista di Simona Cesarini)