Parole come pietre: nasce il “Dizionario delle Mafie”

Undici case editrici prima di trovare un editore, settantaquattro collaboratori, tre anni di lavoro, 4700 lemmi e più di 170 nomi. Sono questi alcuni dei numeri del “Dizionario delle Mafie” (Castelvecchi Editore) il volume curato da Claudio Camarca, ospite al Premio Ilaria Alpi ieri, giovedì, insieme a Mara Filippi Morrione, Luciano Scalettari, Mariangela Gritta Grainer, Gaetano Liardo e Saverio Lodato. «Ci è venuta l’idea di questo libro – ha detto Camarca – dopo che a scuola diedero un tema sulla mafia a mio figlio. Era il classico tema su Falcone e Borsellino. Io mi sono chiesto il perché si continui ad associare la mafia solo a questi due nomi. Poi ne ho parlato con il magistrato Grotteri. Ci siamo sorpresi del perché non ci avesse mai pensato nessuno prima».

Il progetto finale corrisponde, in linea di massima, con quello iniziale: «Solo la mole di lavoro ci ha sorpresi – ha proseguito l’autore – ora però c’è la soddisfazione di sapere che il nostro lavoro è spesso sulle scrivanie dei magistrati: una vera enciclopedia, molto precisa. Per realizzarla, però, non ci siamo basati sugli archivi giornalistici, ma sulle fonti dirette, le procure. Sfogliando il volume si trovano moltissime voci, moltissimi nomi mai apparsi sui giornali. E anche dopo la pubblicazione, la stampa non ha risposto o ripreso. Mi sono scontrato con un muro di gomma, anzi di pongo. Significa che la paura e l’omertà la fanno ancora da padrona». Sul palco nel giardino di Villa Mussolini, Camarca ha accusato i giornalisti, pur giustificandoli, di questa tendenza all’autocensura. «C’è troppa paura di essere querelati – ha aggiunto Camarca, che nella vita è scrittore, giornalista e regista – di dover pagare subito le spese di difesa per un avvocato, anche se si sa di avere ragione. Il problema è che se sei freelance sei facilmente attaccabile. L’unica soluzione è la serietà. Essere inattaccabili nel proprio lavoro e avere la forza di imporsi anche al direttore per difendere il proprio servizio. Purtroppo non sono tanti i giornalisti che hanno questo coraggio, e comunque, è troppo facile scrivere di mafia abitando a Roma. Uno dei miei collaboratori, Beppe Baldessarro vive sotto minaccia quotidiana».

 

La galleria di foto dell’evento

 

(Selvaggia Bovani)