Marilena Natale, giornalista anticamorra, parteciperà a NON TACERE giovedì 5 settembre ore 21

Marilena NataleMarilena Natale, 43 anni appena compiuti, si occupa di cronaca nera e giudiziaria in quella che da anni è considerata la capitale della camorra: Casal di Principe. Per il suo giornale, La Gazzetta di Caserta copre tutta la provincia con un occhio particolare ai Casalesi e ai legami tra il clan e la malapolitica. Da quando ha iniziato (“è stato quasi per caso, facevo tutt’altro, ma volevo dare voce alla mia terra” dice) ha firmato novemila articoli, senza però essere iscritta all’Ordine dei giornalisti: “Il 65% dei politici campani ha il tesserino da pubblicista in tasca, ecco il mio rifiuto”.

Da 15 anni, tutti i giorni, Marilena Natale racconta quanto accade nel casertano, “una terra che era bellissima e che deve tornare a esserlo, per questo non la lascerò mai”. Le sue inchieste hanno portato ad arresti di camorristi, di politici e di imprenditori collusi e allo scioglimento di amministrazioni comunali inquinate. Lei, in cambio, ha ricevuto minacce, intimidazioni, proiettili dentro le buste. Le hanno bruciato l’automobile, l’hanno picchiata sotto casa. Le è stata offerta la scorta, ma l’ha rifiutata, perché non vuole subire restrizioni nella sua professione e vuole continuare a essere il punto di riferimento per i cittadini che la contattano per denunciare illegalità e soprusi.

Un caso tra i tanti: era il 14 aprile 2010 e si trovava davanti alla caserma di Casal di Principe in occasione della cattura del boss Nicola Panaro, cugino di Francesco Schiavone, “Sandokan”. Vincenzo Armando Caterino, cognato di Panaro, si avvicinò a lei e le disse: “Io so chi sei e dove abiti, so dove stanno i tuoi figli, vattene da qui”.

Lei non se ne andò, non chinò lo sguardo. Marilena Natale scrisse prima il suo articolo e poi presentò un esposto ai carabinieri. Panaro è stato condannato a tre anni e 4 mesi per minacce aggravate dalla motivazione camorristica e ora ha il divieto di dimora in Campania. Lei, invece, gira a testa alta e lo scorso anno ha vinto pure il Premio nazionale Agenda rossa dedicato alla memoria del giudice Paolo Borsellino

Marilena Natale sarà ospite del Premio Ilaria Alpi giovedì 5 settembre. Alle ore 21 parteciperà alla serata dedicata a Ilaria Alpi e alla libertà di informazione insieme a Mariangela Gritta Grainer, Giuseppe Giulietti, Marco Cesario e Jean Claude Mbebe. Conduce Tiziana Ferrario.

 

Ogni anno continuano ad aumentare le minacce ai giornalisti campani. Secondo l’osservatorio Ossigeno per l’informazione, nel 2011 i giornalisti minacciati sono stati 47, 84 nel 2012, 221 al 14 agosto di quest’anno. Questo cosa vuol dire? Che la camorra teme la stampa libera o che, al contrario, si sente talmente forte da voler mettere un bavaglio ai giornalisti?

“Cercano di farci stare zitti e per fortuna c’è Ossigeno che non ci fa sentire soli. La camorra non è abituata a chi fa il suo lavoro e quando non arriva la camorra, arrivano i poteri forti con le loro querele. Io ho iniziato ad avere problemi quando ho puntato l’attenzione sulla politica e gli appalti. Il male della mia terra sono stati propri i politici, senza distinzioni, che per 30 anni sono andati a braccetto con la camorra, abbandonando a se stessi i cittadini. Lo Stato si è ricordato che esiste la provincia di Caserta solo dopo la strage di Castelvolturno del 2008: paradossalmente dobbiamo dire grazie a Giuseppe Setola, ma più che altro agli immigrati che si sono ribellati, dimostrando di avere più dignità di noi”.

 

Lei ha ricevuto ripetute minacce fisiche e verbali da parte dei Casalesi. Che cosa le dà la forza e il coraggio di continuare a fare il suo lavoro?

“L’amore per la mia terra più di ogni altra cosa. Io da qui non me ne voglio andare. Sono madre di due figli di 18 e 13 anni e lo faccio anche per loro, perché voglio che questa terra rinasca e che loro abbiano il diritto di restarci. Possono minacciarmi, possono anche uccidermi, ma non spegneranno la mia voce. Don Peppino Diana non l’hanno ucciso, l’hanno moltiplicato. Quindi no, paura non ne ho. Di fronte alle minacce basta superare quel momento di panico, guardare dritto negli occhi e poi continuare a fare il proprio lavoro. Forse sono più folle che paurosa”.

 

Le collusioni tra criminalità organizzata e poteri forti sono dietro anche all’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Che idea si è fatta della vicenda?

“Io sono convinta che ci siano di mezzo i servizi segreti deviati. Secondo me, Ilaria aveva scoperto qualcosa di più grande di lei e si è fidata della persona sbagliata”.

 

Cosa serve per debellare la piaga della criminalità organizzata? Serve più Stato? Più polizia? O servono anche più cultura e senso civico?

“La militarizzazione non basta. I grandi latitanti sono stati arrestati, ora serve una bonifica del territorio e delle menti. Serve lavoro, perché c’è un’intera generazione che non lo ha e rischia di finire preda della camorra. Serve più Stato, perché la camorra prolifera dove lo Stato non c’è. E serve una rivoluzione culturale”.

 

Oltre a raccontare la sua terra, lei è impegnata proprio a diffondere l’educazione alla legalità a partire dalle scuole. Che cosa le lasciano questi incontri con i giovani?

“Io cerco di far aprire loro gli occhi, di far vedere la realtà, di far capire qual è il destino di un camorrista, che finisce in carcere o morto ammazzato. Spiego che bisogna rispettare le piccole cose, i compagni di classe, l’ambiente, il codice della strada, perché solo così si può affermare la legalità. Loro mi fanno un mare di domande, anche su Facebook, dove sono piena di amici di 15-16 anni. Mi chiedono come fare a diventare magistrato, poliziotto, giornalista. Dai giovani imparo tanto e mi trasmettono una gran forza e gioia di vivere”.