Toxic Somalia: il traffico di rifiuti tossici, le inchieste di Paul Moreira e Ilaria Alpi

Il traffico di rifiuti tossici tra Italia e Somalia – spesso patrocinato dalla ‘Ndrangheta – è ritornato alla ribalta negli ultimi anni grazie al lavoro di giornalisti come Paul Moreira e di Greenpeace. Ne parlò per prima Ilaria Alpi, pagando la sua inchiesta con la sua vita e con quella di Miran.

 

E’ difficile stabilire con esattezza il numero dei carichi spediti e scomparsi in questi venti anni, dalla caduta del muro di Berlino sino alle ultime scoperte della giustizia italiana, ma di certo si tratta di un traffico che non si è mai fermato e che continua ancora oggi, come racconta la relazione della Direzione Nazionale Antimafia datata dicembre 2011 e che prende in analisi i fenomeni criminali registrati tra il 1 luglio 2010 e lo scorso 30 giugno, che portano proprio dall’Italia al Corno d’Africaqui l’articolo del Fatto Quotidiano.

 

Traffico illegale e smaltimento – per usare un eufemismo – di rifiuti tossici in cambio di armi per i signori della guerra. A quale prezzo? Secondo l’inchiesta di Moreira servono 2 dollari e mezzo per far sparire una tonnellata di rifiuti tossici al largo della costa della Somalia. E’ il prezzo in assoluto più basso, che permette ai paesi esportatori un guadagno colossale (il costo medio per smaltire i rifiuti in casa si aggira sui 1.000 dollari).

Questo è il tema del video Toxic Somalia, di Paul Moreira video che sarà trasmesso, sottotitolato venerdì 7 settembre alle 15 al premio Ilaria Alpi. Seguirà dibattito con l’autore.

 

Un dossier su queste navi tossiche, che partono da diversi porti italiani e arrivano sino al Corno d’Africa, è stato redatto nel 2010 da Greenpeace, e si può leggere e scaricare qui in inglese. Da questo report emergono vicende contorte e controverse, tra cui elementi che dimostrano che il porto di Eel Ma’aan, 30 km a nord di Mogadiscio, è stato costruito da imprenditori italiani interrando nei moli centinaia di container di provenienza assai sospetta. In una nota della polizia giudiziaria del 24 maggio 1999 si legge: “i container interrati nel porto di Eel Ma’aan erano pieni di rifiuti: fanghi, vernici, terreno contaminato da acciaierie, cenere di filtri elettrici”.

 

L’Italia non è l’unico attore di questo traffico di rifiuti. Le navi partono anche da altre porti europei. Spesso, anzi, l’Italia è il punto di arrivo e di affondo, come dimostra un’inchiesta dell’espresso da cui emerge che la ‘Ndrangheta ha fatto colare a picco navi tossiche al largo delle coste della Calabria.

 

Non si può e non si deve dimenticare il lavoro di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin che per primi hanno indagato questi traffici, fino a pagare con la loro vita.