L’antimafia al varco della riforma della giustizia

Nicola Gratteri (foto di Riccardo Gallini)La migliore legislazione antimafia al mondo? Non ha dubbi Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto presso la Dda di Reggio Calabria, la più evoluta è quella italiana. Intervenendo a Riccione al seminario conclusivo di “Est – Citizens against invisible mafias” Gratteri ha parlato del problema della corruzione, del contrasto alla ‘ndrangheta e della colonizzazione del nord da parte delle organizzazioni criminali. Lanciando, però, la sua provocazione: «L’Italia è il paese con la legislazione antimafia più evoluta al mondo. Questo non vuol dire che il sistema funziona in maniera efficiente». Anzi, tra mancanza di fondi, tagli generalizzati e riforme epocali della giustizia, i Tribunali italiani vanno avanti con enormi difficoltà. In numerose Procure mancano magistrati, cancellieri, funzionari. Manca la carta per le stampanti e la benzina per le auto, le attrezzature informatiche sono fatiscenti. L’intero sistema giudiziario italiano rischia il collasso. Eppure basterebbe poco per risparmiare risorse, mezzi e personale. Basti pensare, commenta Gratteri, al sistema di notifica delle comunicazioni giudiziarie. Se venisse utilizzata la posta elettronica certificata si risparmierebbero, secondo una stima, otto milioni di euro l’anno. Il problema, naturalmente, non è limitato alla sola questione della mancanza dei fondi. Il nodo reale è quello della politica. «Il problema delle mafie – ha dichiarato il magistrato reggino – non è legato soltanto a questo governo. Il governo Prodi – ha aggiunto – sulle mafie non ha fatto nulla. E’ stato neutro, non ha fatto nulla né di positivo, né di negativo». E il governo Berlusconi? «Il governo Berlusconi ha fatto delle cose buone, ma rischia di fare cose devastanti». Tra gli interventi positivi in materia di legislazione antimafia Gratteri indica l’abolizione del patteggiamento in appello; il sequestro e la confisca dei beni anche agli eredi di un mafioso defunto e l’Agenzia nazionale dei beni confiscati. Non ancora propriamente decollata che proprio oggi ha visto il cambio al vertice con la destituzione del prefetto Morcone con Giuseppe Caruso, attuale prefetto di Palermo. Tuttavia, il progetto di riforma della giustizia produrrebbe effetti «devastanti». L’idea di sganciare la polizia giudiziaria dai pubblici ministeri, la modifica delle intercettazioni, renderebbero discrezionale l’operato delle forze dell’ordine, e sempre più difficile, e costoso, il reperimento di prove. Intercettare un’utenza telefonica «Costa 10 euro più Iva al giorno. Un pedinamento sicuramente molto di più». Interventi di questa natura rischiano di compromettere il contrasto alle mafie e alla corruzione dilagante. Una mossa che svuoterebbe la legislazione antimafia più evoluta al mondo. Con buona pace di quanti rischiano la propria vita per dare la caccia ai boss.

di Gaetano Liardo – Libera Informazione