Corruzione, l’Italia indietro

Drago Kos (foto di Riccardo Gallini)Nel 1999 il Consiglio d’Europa ha istituito il Gruppo di Stati contro la corruzione (Greco), un’organizzazione sovranazionale il cui obiettivo è quello di aiutare gli Stati membri a combattere la corruzione. La principale attività è quella di monitorare costantemente il livello di conformità, dei Paesi che ne fanno parte, agli standard anti-corruzione del Consiglio d’Europa. Una volta acquisiti i dati Greco aiuta a identificare quali sono le eventuali carenze delle politiche nazionali anti-corruzione e indica le riforme necessarie per migliorare, sia a livello istituzionale che pratico. Al Gruppo di Stati contro la corruzione, che non è riservato esclusivamente ai paesi membri del Consiglio d’Europa, aderisce anche l’Italia.

Nel 2009 è stato presentato il primo rapporto sul nostro Paese e a raccontarci qual è la situazione è il presidente di Greco, Drago Kos, invitato al Premio Ilaria Alpi di Riccione, nell’ambito Progetto EST, una iniziativa promossa all’interno del programma della Unione Europea Europa per i cittadini dall’associazione Ilaria Alpi in collaborazione con Flare Network (l’associazione europea fondata da Libera e da Terra del fuoco), il Romanian Centre for investigative journalism e il Centro studi e ricerca sulla sociologia giuridico penale, la devianza e il controllo sociale dell’Università di Bologna.

Nel rapporto sull’Italia erano state rilevate 22 carenze che sono state trasformate in 22 raccomandazioni su leggi da migliorare o da introdurre, a cui il legislatore avrebbe dovuto adeguarsi entro un anno e mezzo.

“Dei 22 punti – ha detto Kos – l’Italia ne ha soddisfatti soltanto 9, meno della metà (40%) e a mio giudizio non erano nemmeno tra quelli più importanti”. Secondo il presidente di Greco, l’Italia avrebbe dovuto risolvere con urgenza la questione dell’immunità parlamentare, su cui come si è visto sono dovuti intervenire direttamente i cittadini attraverso un referendum popolare con cui hanno abrogato la legge. Tra le altre raccomandazioni ancore inevase, c’è il problema dei tempi della giustizia, da non confondere con il processo breve che non migliorerebbe la situazione.

Inoltre l’Italia dovrebbe dotarsi di un codice di comportamento che regoli l’operato dei funzionari pubblici, di una legge che tuteli chi denuncia e impedisca ai manager condannati per corruzione di assumere nuovi incarichi nelle aziende o nelle amministrazioni. Dal momento che si tratta semplicemente di raccomandazioni, il Greco non ha strumenti per obbligare gli Stati ad adeguarsi, se non le armi della persuasione esercitata principalmente attraverso il potere economico. La conseguenza più grave per chi si rifiuta di raggiungere gli standard anti-corruzione è quella di essere esclusi dal Gruppo di Stati contro la corruzione. L’Italia, ricorda Kos, ha firmato ma deve ancora ratificare la convenzione contro la corruzione del Consiglio d’Europa.

da IlJournal.it