Giovanni
Bersani, già deputato e senatore, poi europarlamentare, è il presidente
del Cefa, il Comitato europeo per la formazione e l’agricoltura, presente
in undici Paesi del sottosviluppo. Durante la missione italiana in Somalia,
il Cefa ha avuto l’incarico di collaborare con i nostri militari, ha
organizzato l’invio della prima nave carica di viveri e medicinali a
Mogadiscio e ha aperto l’ospedale italiano.
Bersani è stato
uno dei 141 testimoni interrogati dalla Commissione Gallo: «Direi che
noi avevamo una conoscenza privilegiata della situazione, perché eravamo
sul territorio da molto tempo. Inoltre uscivano ogni giorno a Mogadiscio
cinque o sei foglietti ciclostilati diffusi dalle diverse fazioni. Eppure
io, per tutto il tempo che sono stato in Somalia, non ho mai saputo
di una sola denuncia contro i soldati italiani. Questo mi fa pensare
che gli episodi di violenza attribuiti al nostro contingente siano stati
limitati o siano avvenuti in località fuori controllo. Ma non si può
neppure escludere una omertà interna».
Qual è il suo
giudizio sull’operato del contingente militare italiano in Somalia?
«Pur con gli eccessi
ormai documentati, il giudizio sulla nostra missione rimane positivo:
rispetto ai militari delle altre nazioni, i nostri sono stati i più
solleciti verso i bisogni della popolazione».
Lei ha conosciuto
Ilaria Alpi?
«Eravamo amici.
All’inizio del 1993, Ilaria venne con me a Merca, una zona pericolosa
per la presenza di bande, ma Ilaria non conosceva la paura. Ci fu un
episodio del quale in seguito ridevamo. Nel porto di Merca alcuni fondamentalisti
islamici s’erano trincerati in un bunker per bloccare le operazioni
di sbarco dalle navi. Decisi di andare a trattare con loro e Ilaria
volle seguirmi. I fondamentalisti non ci fecero entrare, poi intervenne
un uomo anziano che li convinse, ma prima avvertì Ilaria che era meglio
si coprisse la scollatura. E lei obbedì, usando un fazzoletto».
Lei s’è fatto
un’idea su chi possa averla uccisa a Mogadiscio?
«Solo congetture,
e la più probabile è legata al traffico di armi sul quale Ilaria stava
indagando. L’ex dittatore Siad Barre aveva trasformato la Somalia in
un deposito di fucili e munizioni, anche con la complicità degli italiani.
Questo è lo scandalo più grave della nostra cooperazione. Sarebbe ora
che le responsabilità venissero alla luce. Ma la Commissione parlamentare
che indagava è scaduta con la passata legislatura e nessuno si preoccupa
di nominarne un’altra».